Concorso in riciclaggio – supporto tecnico alle operazioni in criptovaluta – assenza di giustificazioni sulla detenzione di bitcoin – sussiste.
Costituisce indizio grave essere imprenditore nel settore blockchain e, nella qualità, detenere criptovalute senza essere in grado di giustificarene la provenienza
Corte di cassazione – Sezione II Penale
Presidente Geppino RAGO
Relatore Alfredo MANTOVANO
In nome del popolo italiano
SENTENZA
sul ricorso proposto da: XXX nato a XXXX (XX) il XXXXX avverso l’ordinanza del 13/12/2021 del TRIBUNALE di TORINO
- udita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO MANTOVANO;
- udite le conclusioni del PG RAFFAELE GARGIULO, per l’inammissibilità del ricorso,
- e dell’avv. RENATO ARCHIDIACONO, il quale invece ne sollecita l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 13/12/2021- dep. 27/01/2022 il TRIBUNALE di TORINO – sez. riesame rigettava la richiesta di riesame contro l’ordinanza con la quale il 15/10/2021 il GIP del TRIBUNALE di TORINO aveva disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di XXX per tre imputazioni – capi 8), 9) e 10 – di concorso in riciclaggio, avente come presupposto la consumazione di delitti di truffa con ingenti profitti, reati commessi il primo in territorio estero e a Torino da aprile all’il ottobre 2019, il secondo pure in territorio estero, a Torino e altrove da aprile dal 14 ottobre al 9 novembre 2019, il secondo in territorio estero, a Milano e altrove dall’Il novembre al 3 dicembre 2019.
2. XXX propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, e deduce i seguenti motivi:
2.1. la violazione dell’art. 606 co. 1 lett. b) e lett. e) in relazione all’art. 273 cod. proc. pen. e all’art. 648 bis cod. pen., per carenza o illogicità della motivazione, quanto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per le condotte di concorso in riciclaggio. Poiché si contesta all’indagato di aver mantenuto i contatti con YYY, uno dei soggetti destinatari dei proventi delle truffe, e di aver svolto attività di mediazione per superare le difficoltà fra gli autori delle truffe medesime e ZZZ, al fine di per favorire lo svolgimento delle singole operazioni bancarie di riciclaggio, la tesi difensiva è che si tratti di imputazioni a-specifiche, che non chiariscono in che modo e fornendo quali contributi attivi XXX abbia partecipato alle operazioni di ripulitura del denaro, sia nella prima fase, che prevedeva l’effettuazione di bonifici su società estere o italiane dei contributi provenienti dalle società AAA, sia nella successiva fase di riversamento dei proventi delle truffe. Rileva inoltre l’incerta identificazione del ricorrente con il ‘Max’ di cui altri indagati parlano nel corso di conversazioni telefoniche intercettate;
2.2. la violazione dell’art. 606 co. 1 lett. c) e lett. e) in relazione agli art. 273 lett. c) e 125 cod. proc. pen. e all’art. 648 bis cod. pen., per carenza o illogicità della motivazione, quanto alle esigenze cautelari. Mentre per il Collegio del riesame esse si radicherebbero sul profilo di XXX quale tecnico informatico con competenza nel settore del software, che ha messo la sua professionalità al servizio di una pericolosa attività illecita, e si è posto in relazione con ambienti criminali, dai quali non ha inteso prendere le distanze – e questo rende concreto il rischio reiterazione le censure difensive attengono alla mancata indicazione dei contesti criminali nei quali egli sarebbe stato inserito, e di come possa riprendere a delinquere, una volta che è stata smantellata la rete delle società che hanno realizzato le truffe e i riciclaggi;
2.3. la violazione dell’art. 606 co. 1 lett. c) e lett. e) in relazione agli art. 274 lett. c) e 125 cod. proc. pen. e all’art. 648 bis cod. pen., per carenza o illogicità della motivazione, quanto all’individuazione del carcere come misura cautelare più adeguata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato.
1. È infondato il primo motivo. Premesso che il ricorso non pone in discussione la realizzazione e l’entità delle truffe, costituenti reati presupposto rispetto alle condotte di riciclaggio contestate all’indagato, il TRIBUNALE del riesame ha in modo congruo e coerente illustrato il quadro gravemente indiziario a carico di XXX, consistente:
- nel lavoro che in sede di interrogatorio lo stesso XXX ha dichiarato di svolgere, e cioè imprenditore del settore software blockchain cripto monete, essendo la ‘blockchain’, letteralmente “catena di blocchi”, attività di gestione e di aggiornamento di dati, incluse le transazioni, attraverso una rete informatica di nodi. Egli è risultato altresì socio al 55% di BBB (il restante 45% appartiene alla sua compagna), avente per oggetto la consulenza di aziende operanti nel settore della moda;
- nel consistente quantitativo di contante, circa 120.000 euro, 100.000 dollari, e 8 bit coin per un valore di 400.000 euro, di oggetti preziosi e di strumenti di pagamento, rinvenuti nella sua abitazione dalla polizia giudiziaria, rispetto alla cui detenzione egli non ha fornito alcuna spiegazione;
- nella sua identificazione col diminutivo ‘Max’, benché l’ordinanza impugnata abbia precisato che fra gli indagati vi è altra persona di nome KKK, e precisamente JJJ, sì che non è corretto asserire che il TRIBUNALE non abbia affrontato il tema di una ipotetica confusione. Il Collegio del riesame ha invero elencato le ragioni di collegamento fra ‘Max’ e il ricorrente, individuandole nei servizi di osservazione e nelle correlate conversazioni intercettate di cui ai fg. 21 ss. del provvedimento. Il ricorso passa in rassegna altri colloqui oggetto di intercettazione, ai fg. 30 e ss., che riprende e riporta in esteso, nei quali si fa riferimento a ‘Max’, ma omette di confrontarsi col presupposto che consente di ritenere che ‘Max’ sia il ricorrente, che viene illustrato nei fg. precedenti, come si è detto 21 ss.;
- nell’attività che in concreto XXX risulta avere svolto per trasferire denaro attraverso bonifici, correlati coi reati presupposti, descritti al fg. 34 per le condotte contestate al capo 8, e per realizzare accordi fra YYY da un lato e ZZZ dall’altro per il reimpiego di ulteriore denaro quanto alle condotte contestato ai capi 9 (fg. 39 ss.), e 10 (fg. 47 ss.). Tale dettagliata descrizione fa disattendere la deduzione difensiva secondo cui il TRIBUNALE non avrebbe indicato specifiche operazioni di riciclaggio a carico dell’indagato.
2. Parimenti infondato è il secondo motivo, che contesta l’esistenza delle esigenze cautelari, evocando la categoria della motivazione apparente. Va constatato, al contrario, che l’ordinanza desume in modo logico e articolato il rischio di reiterazione alla stregua della gravità dei reati commessi, del danno arrecato, della non occasionalità delle condotte, della specifica professionalità tecnica nel settore dell’informatica e delle criptovalute, che l’indagato ha messo a disposizione dei due gruppi di soggetti, uno torinese, l’altro campano, che hanno realizzato le truffe, giungendo peraltro a svolgere una mediazione fra gli stessi. Non si tratta di argomentazioni generiche né astratte, allorché l’ordinanza sottolinea i ripetuti contatti intercorsi fra XXX e da una parte ZZZ, dall’altra YYY, e i comuni interessi criminali, per giungere della conclusione della probabile consumazione di ulteriori delitti della medesima specie. Altrettanto infondata è la censura subordinata in ordine alla concessione degli arresti domiciliari, avendo il TRIBUNALE correttamente dato conto della possibilità che l’indagato, proprio in considerazione della sua elevata specializzazione informatica, riprenda i contatti on line con soggetti al di fuori del suo stretto nucleo familiare. Al rigetto del ricorso consegue la condanna alle spese del grado.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
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