Cass. Procura generale – decreto 262/10

Frode informatica (art. 640 ter c.p.) – assorbimento, ai fini della competenza, del reato di accesso abusivo (art. 615 ter c.p.) – sussiste
Frode informatica (art. 640 ter c.p.) – illecita ricarica di scheda postepay – individuazione del locus commissi delicti – ultimo luogo dove è stata commessa parte dell’azione

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA

presso la Corte Suprema di Cassazione

Decreto n. 262/10

Il Procuratore Generale

letti gli atti;

considerato:

  • che il P.M. presso il Tribunale di Firenze – con missiva in data 11 febbraio 2010, nel contesto delle indagini preliminari in ordine ai reati di frode informatica ed accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, commessi il XX XX XXXX e attribuiti a TIZIO (p.o. CAIO) – ha trasmesso gli atti, ai sensi dell’art. 51 comma 3-quinquies c.p.p., alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, quale ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente;
  • che il P.M. destinatario ha rifiutato l’investitura, ritenendo che debba invece procedere la Procura delia Repubblica presso il Tribunale di Roma;
  • che, a sua volta, il P.M, di Roma ha ravvisato la competenza dell’omologo Ufficio di Milano ed ha quindi trasmesso gli atti a questa Procura generale per la determinazione ex art. 54, comma 2, del codice di rito;

osserva:

Il contrasto negativo di competenza inerisce alle indagini preliminari per il fatto-reato consistente nella “ricarica” di una carta PostePay (intestata a TIZIO) effettuata via internet addebitando l’importo ad altra carta PostePay (appartenente a CAIO) mediante accesso abusivo al sistema informatico.

Tutti e tre gli Uffici del pubblico ministero che hanno avuto la disponibilità degli atti hanno registrato la fattispecie come violazione degli artt. 615-ter e 640-ter del codice penale, individuando nella frode informatica il reato più grave (rilevante ai fini dell’attribuzione della competenza territoriale), ma valorizzando differenti fattori a sostegno delle divergenti opinioni in punto di competenza territoriale:

a)    il P.M. di Firenze reputa decisivo l’essersi realizzato in Milano “il profitto della frode informatica”;
b)    il P.M. di Milano ruene che, trattandosi di ricarica di una carta PostePay eseguita a mezzo internet, “il luogo di utilizzo indebito tramite le pagine web di Poste Italiane deve ritenersi identificato in Roma, ove risiedono i server del richiamato sito internet”;
e)    secondo il P.M. di Roma, invece, “la frode informatica, per quanto concerne il locus commissi delieti, può essere assimilata alla truffa: nella fattispecie il profitto è stato conseguito in Milano presso l’Ufficio postale XXX  XXX”.

Ad avviso di questa Procura generale i richiamati elementi, sui quali i precetti Uffici del pubblico ministero hanno basato le rispettive considerazioni, non consentono di delibare compiutamente la questione di competenza a proseguire le indagini e impongono un’analisi più dettagliata della fattispecie.

Assumendo a base della riflessione la frode informatica – quale reato più grave rubricato, come detto, da tutte e tre le Procure della Repubblica (e salve eventuali emergenze incidenti sulla qualificazione giuridica della fattispecie) -, se ne è ipotizzata nel caso in esame la realizzazione mediante l’introduzione nel sistema utilizzando codici dei quali l’agente era abusivamente in possesso e l’effettuazione, quindi, dell’accredito sulla PostePay dell’indagato, con contestuale addebito su quella della persona offesa. Risulta per tal modo conseguito l’ingiusto profitto, con altrui danno.

Secondo gli ordinari criteri di competenza, trattandosi di ipotesi speciale del delitto di truffa (la cui costruzione in termini di rapporto tra profitto ingiusto e altrui danno è letteralmente ripresa nella norma mcriminatrice), il delitto di cui all’art. 640-ter c.p. è da ritenersi consumato nel momento e nel luogo in cui si determina la definitiva perdita patrimoniale, con conseguente arricchimento ingiusto. La differenza essenziale rispetto alla fattispecie di cui all’art. 640 c.p. non attiene, infatti, a questi ultimi elementi, bensì all’attività fraudolenta (tesa ad investire non la persona, di cui difetta l’induzione in errore, bensì il sistema informatico).

Nel caso di illecito compiuto mediante ricarica di carta PostePay (o analoghe), questa Procura generale ha già in passato ritenuto che ingiusto profitto e danno si realizzino contestualmente, per il fatto dell’operazione di ricarica. In ragione delle caratteristiche dei rapporti inerenti alle carte PostePay, tuttavia, il luogo di realizzazione del profitto e del danno non pare determinabile. Non è dato, perciò, individuare il hcus commissi delieti.

In effetti, ne l’ubicazione dei server né il luogo di attivazione della PostePay poi oggetto della ricarica consentono effettivamente di localizzare i risultati dell’azione illecita, stante il carattere articolato tanto del rapporto contrattuale quanto del sistema informatico funzionale alla sua gestione: la regolamentazione della carta PostePay non consente un’assimilazione (per i profili che qui interessano) ad un conto corrente tradizionale, non potendo essa ritenersi localizzata in una deterrninata sede, in quanto – una volta attivata – gestibile e fruibile in ogni parte d’Italia, anche per via telematica.

In base alle attuali risultanze consta, però, la cronologia degli atti che s’ipotizzano posti in essere dall’indagato (cfr. denuncia-querela e tabulati trasmessi dalla Polizia postale):

– attivazione della carta PostePay intestata a TIZIO presso un ufficio postale di Milano: 10 settembre 2009 alle ore 9,26;

– indebita operazione on-line di ricarica della medesima carta (mediante accesso abusivo al sistema informatico, utilizzando codici altrui, e disposizione di addebito su altra carta PostePay, intestata alla persona offesa): stessa data, ore 10,37;

– prelievo di contanti da apparecchiatura P.O.S. delle Poste di Lecco, mediante utilizzo della carta ricaricata: stessa data, ore 10,44.

Su tali basi, può fondatamente ritenersi che l’illecita operazione di ricarica sia stata realizzata con disposizione on-line posta in essere operando in internet dal territorio di Lecco (o, comunque, tra Milano e Lecco), ove immediatamente dopo venne effettuato il prelievo del denaro in contanti.

Pur escludendo che quest’ultimo atto (il prelievo) abbia determinato il conseguimento del profitto (che – seppure non localizzabile geograficamente – si era tecnicamente realizzato alcuni minuti prima, con l’accredito on-line della “ricarica”), la richiamata scansione cronologica consente di individuare in quello ove l’agente ebbe ad operare, connettendosi a internet (alle ore 10,37 del 10 settembre 2009), l’ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione: presupposto atto a fondare l’attribuzione di competenza ai sensi del primo comma dell’art. 9 c.p.p.
A norma dell’art. 51, comma 3-quinquies, del medesimo codice di rito, ”quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli … 615-ter, … 640-ter … del codice penale, le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), del presente articolo sono attribuite all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente”.
Risultando, per le ragioni esposte, individuabile in territorio di Lecco (o, comunque, tra Milano e Lecco) l’ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione, e rientrando il circondario di Lecco nel distretto di corte d’appello di Milano, risulta che – allo stato – deve procedere il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano.

P .Q.M.

Visto l’art. 54 c.p.p.:
A) determina che deve procedere il P.M. presso il Tribunale di Milano;
B) dispone che il presente provvedimento sia comunicato al P.M. presso il Tribunale di Milano, nonché al P.M. presso il Tribunale di Firenze ed al P.M. presso il Tribunale di Roma;
C) ordina che gli atti siano immediatamente trasmessi al P.M. presso il Tribunale di Milano per l’ulteriore corso.
Roma, 3 agosto 2010

Il Sostituto Procuratore Generale

Dot. Antonio Mura

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