Focalizzare il ricordo di un volto tramite una foto disponibile su un social netowrk è attività non soggetta alle procedure di cui agli artt. 213 e 214 C.p.p.
Corte di cassazione II sezione penale
Sentenza 12 settembre 2019 n. 42315
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: SGADARI GIUSEPPE
Data Udienza: 12/09/2019
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
-
1) DC, nato a YYY il XXX
-
2) GA, nato a YYY il XXX,
-
3) GC, nato a YYY il XXX,
-
4) LN nato a YYY il XXX,
avverso la sentenza del 16/02/2018 della Corte di Appello di Bari,
- visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
- udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
- udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Marco Dall’Olio, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita? dei ricorsi di DC, GA e GC ed il rigetto del ricorso di LN;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Bari, in esito a giudizio abbreviato, parzialmente riformando la sentenza del GUP del Tribunale di Bari del 7 ottobre 2016, preso atto della rinuncia – da parte degli imputati DC, GA e GC – ai motivi di appello inerenti all’affermazione di responsabilita?, rideterminava le pene loro inflitte dal primo giudice in relazione ai reati di estorsione ed altro a ciascuno rispettivamente ascritti, escludendo l’aggravante di cui all’art. 7 D.L. 152/91 e riconoscendo a tutti i ricorrenti, eccezion fatta per il LN, le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti.
2. Ricorrono per cassazione gli imputati, con distinti atti.
2.1. DC deduce vizio della motivazione in ordine alla determinazione della pena, chiedendone una riduzione.
2.2. GA deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla affermazione di responsabilita?.
2.3. GC deduce: violazione di legge in ordine alla determinazione della pena, con particolare riguardo alla diminuzione per il tentativo, che si assume non essere supportata da motivazione. Inoltre, non vi sarebbe stato spazio per un aumento per continuazione, posto che l’imputazione di cui al capo A) non sarebbe stata elevata in forma continuata.
2.4. LN deduce:
1) vizio della motivazione in ordine all’affermazione di responsabilita?, non essendo certa l’identificazione del ricorrente come autore della estorsione contestatagli al capo B). La motivazione sarebbe contraddittoria in ordine alla valorizzazione dell’individuazione fotografica della persona dell’imputato effettuata dalla persona offesa, per due volte fallita;
2) violazione di legge e vizio di motivazione sempre in ordine all’affermazione di responsabilita?, tenuto conto delle illegittime modalita? del riconoscimento fotografico del ricorrente ad opera della persona offesa e della non sovrapponibilita? delle indicazioni fisiche della persona dell’estorsore, poi identificato nell’odierno imputato, fornite dalla persona offesa e dalla di lei coniuge, nonche? delle indicazioni distoniche del coimputato Martino a proposito delle fattezze fisiche del complice;
3) omessa motivazione con riferimento all’attendibilita? intrinseca della persona offesa;
4) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Si da? atto che nell’interesse del LN e? stata depositata una memoria.
CONSIDERATO. IN DIRITTO
1. Quanto ai ricorrenti DC e GA, i ricorsi sono inammissibili perche? proposti personalmente dagli imputati, soggetti non piu? legittimati dopo la modifica dell’art. 613 cod. proc. pen. per effetto della Legge 23 giugno 2017 n. 103, entrata in vigore prima della presentazione dei ricorsi.
Il ricorso di DC e? da qualificarsi come personale nonostante la presenza della firma del difensore, tenuto conto che, come si legge dal testo dell’impugnazione, e? l’imputato che dichiara di proporre ricorso.
In ogni caso, il ricorso e? del tutto generico in ordine alle censure sul trattamento sanzionatorio, avendo la Corte ritenuta equa una sanzione vicina al minimo edittale.
Deve ricordarsi la pacifica giurisprudenza di legittimita? secondo cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalita? del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, e? sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravita? del reato o alla capacita? a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243 – 01 Massime precedenti Conformi: N. 36245 del 2009 Rv. 245596 – 01, N. 10713 del 2010 Rv. 245931 – 01, N. 21294 del 2013 Rv. 256197 – 01, N. 27959 del 2013 Rv. 258356 – 01, N. 28852 del 2013 Rv. 256464 – 01, N. 5582 del 2014 Rv. 259142 – 01, N. 6877 del 2017 Rv. 269196 – 01).
2. In ordine al ricorso di GC, del pari inammissibile, richiamando la giurisprudenza sulla graduazione della sanzione appena citata a proposito del DC la Corte di Appello ha ritenuto “equa” una pena inferiore alle media edittale, peraltro calcolando anche un aumento per continuazione interno al reato di cui al capo A). Nell’atto di appello non si faceva alcuna questione in ordine alla contestazione della continuazione interna al reato di cui al capo A), resa evidente dalla descrizione del fatto siccome commesso “in due distinte occasioni”.
Anche sotto questo profilo, pertanto, il ricorso e? inammissibile.
3. E’ infondato il ricorso di LN.
3.1. Il ricorrente e? stato condannato in entrambi i gradi di merito con conforme giudizio.
La pacifica giurisprudenza di legittimita?, ritiene che, in tal caso, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrino a vicenda,confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale .occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita? della motivazione, tanto piu? ove i giudici dell’appello, come nel caso in esame, abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicche? le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entita? (Cass. pen., sez. 2^, n. 1309 del 22 novembre 1993, dep. 4 febbraio 1994, Albergamo ed altri, rv. 197250; sez. 3^, n. 13926 del 1 dicembre 2011, dep. 12 aprile 2012, Valerio, rv. 252615).
3.2. Dalla lettura delle motivazioni delle due sentenze di condanna, risulta che il ricorrente era stato individuato fotograficamente come autore della estorsione di cui al capo B) e delle lesioni di cui al capo C), tanto dalla persona offesa SR quanto per in via assolutamente autonoma, dalla moglie di quest’ultimo DC.
Le differenze lamentate dal ricorrente nella descrizione somatica da parte della vittima e del coniuge dell’individuo coinvolto nel fatto – che aveva agito con alcuni degli altri coimputati – risultano implicitamente superate dalla Corte di merito, con giudizio ragionevole ed in questa sede non piu? rivedibile, tenuto conto della sovrapponibilita? degli elementi fisici descritti e riportati a pag. 7 della decisione impugnata, effettivamente rispondenti alla persona dell’imputato secondo quanto precisato dalla Corte.
Inoltre, e? stato segnalato un ulteriore riscontro alle dichiarazioni della vittima del reato e della moglie, costituito dalle dichiarazioni del coimputato M, secondo cui all’aggressione estorsiva alla vittima aveva partecipato un soggetto a nome “XXX” (diminutivo di XXX, nome di battesimo del ricorrente), avendo la Corte superato, con valutazioni di merito specifiche e non rivedibili in questa sede, l’indicazione apparentemente distonica del colore dei capelli di tale soggetto indicato dal Martino.
Inoltre, dalla sentenza di primo grado risulta acclarato il rapporto di frequentazione tra il ricorrente ed alcuni coimputati ed il fatto che l’esame dei tabulati telefonici avesse dimostrato che egli si trovava in luogo compatibile con quello in cui era stata commessa l’estorsione al momento di verificazione dell’evento e nel secondo incontro con la vittima presso la scuola di cui si dice in sentenza; incontro verificatosi nella stessa giornata dell’aggressione, allorquando la vittima si stava recando in ospedale con la moglie in seguito alle lesioni riportate. Anche con riguardo a tale seconda circostanza, il coniuge della persona offesa aveva autonomamente individuato l’imputato come presente alle ulteriori minacce subite dal marito, con i riferimenti espliciti degli astanti al primo episodio.
Infine, la Corte ha superato, con ampia motivazione, esente da vizi logico-giuridici rilevabili in questa sede, le incertezze evidenziate dal ricorrente a proposito della mancata primigenia individuazione fotografica effettuata prima che egli avesse contezza di altra immagine ritraente l’imputato tratta dal suo profilo facebook, postagli in visione dalla di lui figlia, come e? specificato nella sentenza di primo grado (pag.8 della sentenza del GUP). Infatti, a pag. 7 della sentenza impugnata, e? stato evidenziato il processo di maggiore focalizzazione del ricordo dell’aggressore, dovuto alla visione della sua immagine tratta dal profilo facebook.
Nessuna questione puo? porsi, peraltro, in ordine alla procedura relativa alla individuazione fotografica ed alla valorizzazione dell’excursus ricognitivo effettuato dalla vittima, rientrante nell’alveo della valutazione della prova affidata al giudice di merito.
Del resto, la scelta di definizione del giudizio con il rito abbreviato esclude che il ricorrente possa vantare la asserita sussistenza di nullita? inerenti alla violazione delle regole che presiedono alla effettuazione di un atto come la ricognizione formale, mezzo di prova che, peraltro, per sua stessa volonta?, non risulta essere stato effettuato, avendo egli rinunciato al processo dibattimentale.
Tali regole, di cui agli artt. 213 e 214 cod. proc. pen., non si applicano alla prova atipica costituita dalla individuazione fotografica, soggetta solo ai normali canoni di valutazione di attendibilita? dei quali il giudice deve dare conto, nell’ambito del piu? generale giudizio relativo alla affidabilita? della testimonianza. I riconoscimenti fotografici effettuati durante le indagini di polizia giudiziaria, e i riconoscimenti informali dell’imputato operati dai testi in dibattimento, costituiscono accertamenti di fatto utilizzabili nel giudizio in base ai principi della non tassativita? dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice (Sez. 6, n. 12501 del 27/01/2015, Di Stefano, Rv. 262908 – 01. Massime precedenti Conformi: N. 25721 del 2003 Rv. 225574 – 01, N. 3642 del 2005 Rv. 230781 – 01, N. 3635 del 2006 Rv. 233338 – 01, N. 17336 del 2011 Rv. 250081 – 01).
Pertanto, con assorbimento di ogni altra argomentazione difensiva – anche con riferimento al contenuto della memoria depositata – risultano infondati i primi due motivi di ricorso.
3.3. Quanto al terzo motivo, la Corte di Appello ha ampiamente spiegato le ragioni per le quali la persona offesa, sia alla luce delle sue stesse dichiarazioni ed individuazioni dell’imputato e dei suoi correi, sia alla luce dei riscontri estrinseci al racconto evidenziati in sentenza, sia stata ritenuta attendibile.
Vero e? che non e? stato sviluppato il profilo della attendibilita? intrinseca con particolare riguardo alla personalita? della vittima, ma tale profilo risulta implicitamente superato dagli altri e ben piu? pregnanti elementi appena detti.
Senza considerare che su tale profilo, l’atto di appelloyisulta generico, nella misura in cui non mette in discussione quanto riportato a pag. 9 della sentenza di primo grado, a proposito del fatto che il Sanseverino, a maggior conforto del conforme giudizio di attendibilita? adottato dai giudici di merito, si era anche autoaccusato di un episodio in cui aveva fatto da tramite “nella veicolazione di una tangente dal coimputato M al coimputato G. Vale a dire di un fatto – che lo qualificava ex art. 210 cod. proc. pen.- che, tuttavia, nulla aveva a che vedere con la sua dichiarazione attinente al ricorrente.
Peraltro, la Corte ed il primo giudice avevano segnalato come di quest’ultimo la vittima sconoscesse i dati anagrafici, a conferma di una assenza di rapporti personali pregressi che scongiurava il pericolo di accuse calunniose nei suoi confronti.
E? giurisprudenza consolidata di questa Corte che, nella motivazione della sentenza, il giudice di merito non e? tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata. (in questo senso v. Cass. Sez. 4 sent. n. 1149 del 24.10.2005 dep. 13.1.2006 rv 233187). 3.4. Infine, il diniego delle circostanze attenuanti generiche e? stato giustificato dalla Corte in relazione al ruolo di primo piano assunto dal ricorrente nella fase esecutiva del reato, connotato in termini di gravita? dal GUP con decisione cui la Corte si e? conformata, avendo l’imputato personalmente minacciato di morte la vittima.
Si e? fatto riferimento, quindi, ad uno dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., dovendosi rammentare che ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche e? sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche un solo elemento che attiene alla personalita? del colpevole o all’entita? del reato ed alle modalita? di esecuzione di esso puo? essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti medesime. (Cass. Sez. 2″ sent. n. 4790 del 16.1.1996 dep. 10.5.1996 rv 204768).
Alla declaratoria di inammissibilita? dei ricorsi di DC, GA e GC, nonche? al rigetto del ricorso di LN, consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, per quantoattiene ai primi tre, anche della somma di euro duemila ciascuno alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa degli stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilita?.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di LN e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi di DC, GA e GC, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle Ammende.
Cosi? deliberato in Roma, udienza pubblica del 12/09/2019
Il Consigliere estensore Il Presidente
Giuseppe Sgadari Matilde Cammino
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