di Andrea Monti – Key4Biz.it del 30 novembre 2017
Commentando il caso della lavoratrice IKEA licenziata per inosservanza degli orari di lavoro, la FILCAMS-CGIL di Milano dichiara che
“Nella grande distribuzione si fa sempre più fatica a conciliare i tempi di vita e di lavoro, in particolare per le donne … Ed è anche una questione legata ai temi dell’innovazione: i tempi di lavoro sono decisi da un algoritmo e non tengono conto delle istanze dei lavoratori. …”.
Siamo di fronte all’ennesima variazione sul tema “è stato il computer”, mantra della deresponsabilizzazione dei nostri tempi, che attribuisce al software delle responsabilità che non ha e non può avere.
Il punto è un altro: come sa chiunque abbia esperienza di produzione industriale automatizzata il rispetto dei tempi – dalle frazioni di secondo per eseguire una saldatura, ai minuti delle pause – è un elemento fondamentale per garantire la continuità operativa dell’impianto.
E’ antipatico dirlo (o sentirselo dire) ma in questo contesto gli esseri umani sono “soltanto” un componente della catena (dalla produzione, alla vendita, al post-vendita) e come tale devono comportarsi in termini funzionali.
D’altra parte se noi consumatori vogliamo – pretendiamo – merci di qualità, a basso costo, a prezzo contenuto con un post-vendita continuo e garanzie stratosferiche,come dovrebbe fare un’impresa (che ha come scopo il profitto, non la beneficienza) ad offrire tutto questo?
Risposta: ottimizzando, razionalizzando e tagliando costi. E’ il motivo per il quale in passato – ma anche oggi – esistevano gli schiavi. Non-soggetti privi di diritto e come tali “liberamente” abusabili in nome del profitto, si, ma anche del “diritto universale a consumare”.
Il punto è che i tempi del lavoro semi automatizzato sono dettati dalle macchine e non dagli esseri umani. E ogni concessione alla “umanità” del componente della catena produttiva è causa di ritardi e inefficienze.
Questa è certamente una visione inumana, ed è il motivo per il quale all’automazione industriale si sta affiancando quella dei servizi e della logistica, grazie allo sviluppo della robotica autonoma (che mi rifiuto di chiamare “intelligenza artificiale”.
Liberati dalle catene della catena di montaggio, finalmente, gli esseri umani potranno dedicarsi a ciò che conta veramente, invece di lamentarsi per la “concorrenza sleale” delle macchine.
D’altra parte, chi vorrebbe viaggiare ancora in carrozzella – invece che in aereo – per evitare che i cocchieri perdano il lavoro?
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