Carta Si… o no?

WMTools n.ro 23

di Andrea Monti

Si parla spesso dei fattori che impediscono lo sbocciare del commercio elettronico “made in Italy”, che sistematicamente vengono individuati nella scarsa propensione dell’italiano medio a comprare “sulla fiducia” o nella scarsa reattività dell’imprenditoria indigena che da un lato si ostina a non voler capire – aggrappata com’è al sano buon senso – di quali “miracoli virtuali” sarebbe capace una rutilante paginetta web; dall’altro non fa nulla per scrollarsi di dosso una buona coltre di ignoranza. Sarà anche così, ma più passa il tempo, e più mi convinco che le ragioni devono essere altre, non ultima la scarsa attitudine delle società che gestiscono le carte di credito – e più in generale il sistema bancario italiano – ad agevolare chi sceglie di operare tramite la Rete. A questo proposito credo sia molto esemplificativa una vicenda personale (che non ritengo affatto un caso isolato)

Le tribolazioni di un povero utente 
E’ domenica, e avendo un po’ di tempo a disposizione mi metto a cercare un programma che mi interessa acquistare. Una volta trovato e ultimate le operazioni per ordinarlo, la connessione cade per cui non posso più scaricarlo. Per di più non sono certo che la transazione sia stata interrotta (sarebbe abbastanza antipatico dover pagare qualcosa che non ho potuto avere). A scanso di equivoci decido di segnalare la cosa a Servizi Interbancari per avvertirli di non accettare eventuali richieste di pagamento da quel certo negoziante, e qui comincia la fiera. Cerco un numero di telefono sul sito di CartaSì e scopro che l’assistenza clienti funziona dal lunedì al venerdì. Allora mi viene in mente di inviare un fax ma, ahimè, del numero nessuna traccia. L’unica cosa che mi resta da fare è provare con il servizio smarrimenti e furti il solo – almeno lui – ad essere attivo 24 ore su 24. Senza nemmeno lasciarmi parlare l’operatrice mi chiede subito il numero di carta da bloccare e ci metto un po’ per farle capire che ho soltanto bisogno di un numero di fax. Alla mia richiesta (e alle relative spiegazioni) oppone un netto “non si può”. Poi mi spiega – alquanto rudemente, detto per inciso – che siccome la gestione degli addebiti è automatica, posso contestare una transazione solo quando riceverò l’estratto conto. Non solo, aggiunge che un’eventuale richiesta anticipata di non provvedere al pagamento non avrebbe alcun seguito in quanto “i loro computer non sono strutturati per una cosa del genere”.

Vade retro, internet! 
Sono stato uno sfortunato caso isolato? Ripeto, non credo proprio. Le cronache e le trasmissioni televisive riportano con allarmante frequenza storie di ordinaria follia legate – per esempio – a tempi geologici nelle restituzioni ai clienti di somme indebitamente pagate. E tanto per rimanere sull’attualità, un direttore generale di CartaSì nel corso di un’intervista alla trasmissione radiofonica “Radio anch’io” andata in onda qualche giorno fa, diceva a chiare lettere che loro al momento non si fidano della Rete e sconsigliano i pagamenti tramite carta.

Mal comune… 
Cosa mi resta da fare come utente? Praticamente nulla. Nel caso specifico non credo che sorgeranno difficoltà perché penso che la transazione non sia andata a buon fine. Ma se così non fosse, da chi posso ottenere una tutela rapida ed efficace? Non certo da chi mi ha fornito la carta di credito. So bene che il contratto che sono stato costretto a firmare per la richiesta della carta esonera l’emittente da responsabilità per situazioni come quella che mi è capitata e sono perfettamente conscio del rigorosissimo apparato normativo che “blinda” l’operato di queste società. So pure che qualcuno delle relazioni esterne – se e quando dopo lunghissime peregrinazioni dovessi scoprire di avere
ragione – si affretterà a spiegarmi che si è trattato di uno spiacevole equivoco e che in ogni caso quando arriverà SET (non il dio egizio, ma il sistema di transazioni “sicure” novello emulo dell’Araba Fenice) non ci saranno più problemi. Però non posso fare a meno di constatare la burocraticità della struttura e la scarsa cura verso il cliente, esplicitamente disincentivato – se non addirittura “penalizzato” – nell’impiego di certi sistemi di pagamento.

…mezzo gaudio?
Ho seri motivi di pensare che questo atteggiamento di Servizi Interbancari non sia riservato agli utenti finali, ma che venga adottato anche nei confronti delle aziende che vogliono offrire forme di pagamento online. Dal che si deduce molto chiaramente che il problema della Rete “.com” non è tanto la mancanza di chi vende o di chi compra, quanto piuttosto la “vacanza” di chi dovrebbe consentire i pagamenti. L’aspetto veramente comico di tutto questo è che proprio ora che le cose iniziano timidamente a cambiare, con il numero di utenti in crescita e un minimo di maggiore attenzione all’uso dei “new media” in campo imprenditoriale si rischia di perdere l’ennesimo treno perché non c’è modo di pagare il biglietto.

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