Lnux&Co n.ro 10
di Andrea Monti
Come oramai è universalmente noto (spero), una delle peggiori novità della nuova e vergognosa legge sul “diritto d’autore” riguarda l’obbligo di apposizione del bollino SIAE su ogni supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali nonchè su ogni supporto contenente suoni, voci o immagini in movimento, che reca la fissazione di opere o di parti di opere tra quelle indicate nell’articolo 1, primo comma, destinati ad essere posti comunque in commercio o ceduti in uso a qualunque titolo a fine di lucro. (art.181 bis l.d.a.).
Si tratta di un’imposizione ingiusta, vessatoria e inaccettabile che – come del resto l’intera legge – non avrebbe mai dovuto vedere la luce.
Purtroppo il danno è fatto, e in attesa che venga emanato il regolamento previsto al comma IV di questo articolo, si applica la normativa previgente, e quindi non è possibile nemmeno stipulare accordi con la SIAE per sostituire la materiale apposizione del contrassegno con accordi “a monte”. In conclusione, per il momento non c’è via di fuga: il bollino SIAE deve essere applicato comunque.
Questo obbligo sta scatenando una polemica virulenta che denuncia i gravissimi danni provocati da questa venefica “targhetta”.
Non si tratta purtroppo di esagerazioni o di paure infondate, come si dimostra analizzando le conseguenze pratiche del principio imposto dalla legge per chi opera nel settore ICT e nello sviluppo di software.
Cominciamo con le riviste di informatica, che allo stato e al di là delle cosmetiche affermazioni di principio di politici e Governo, sono l’unico strumento effettivo e concreto di formazione delle “nuove leve” della programmazione. La pessima legge pone seriamente in dubbio l’economicità del continuare ad allegare un CD alla testata.
I CD sono uno strumento estremamente utile per la distribuzione di programmi, librerie, basi di dati, documentazione e quant’altro, quindi non è pensabile che vengano eliminati dalle riviste. Ne consegue che dovranno essere distribuiti con il famigerato contrassegno, il che provoca una serie di problemi di ordine pratico ed economico. In primo luogo incollare il bollino sul CD ne pregiudica la leggibilità, per cui una volta acquistato lo si dovrebbe staccare, ma questo è vietato dalla legge.
In alternativa lo si potrebbe incollare sulle buste (come accade per la musica e le videocassette), ma oltre al riproporsi del problema precedente – perdita della pecetta – ci sarebbe un ulteriore aggravio dei costi di realizzazione che qualsiasi editore è in grado di quantificare. In pratica al costo “bruto” del bollino si aggiunge quello delle operazioni di incollaggio eo imbustamento che potrebbero far salire il prezzo di una rivista anche di mille lire a copia per ogni CD allegato e senza che questo si traduca in un qualche vantaggio per gli utenti nè per nessun altro.
Inoltre, siccome l’art.181 bis dice che l’accrocco va apposto su ogni supporto contenente programmi per elaboratore è evidente che se una rivista pubblica anche I listati dovrebbe appore il bollino anche sulla carta, supporto anch’essa di programmi per elaboratore (i costi continuano a salire); analoga sorte spetta alla pubblicazione online dello stesso materiale.
Ovviamente tutto questo si basa sul presupposto che i bollini siano facilmente reperibili, ma a quanto pare no è così perchè non risulta che ne siano stati stampati in quantità sufficiente. La conseguenza è che gli editori si trovano di fronte ad una scelta netta quanto drammatica: “uscire” senza bollino e assumersi il rischio delle conseguenze, oppure non distribuire I CD e subire i conseguenti danni economici.
Gli sviluppatori, specie quelli indipendenti, dovranno fare un corso accelerato di leggi e procedure per orientarsi nella selva oscura della burocrazia, o in alternativa dovranno necessariamente pagare qualcuno che lo faccia per loro, uniti in questo destino sfortunato ai produttori di contenuti e applicazioni multimediale (web agency e simili). Tutti dovranno rivedere la pianificazione finanziaria per capire come – e se – proseguire nell’attività intrapresa a fronte dei maggiori costi da sostenere. Per quanto riguarda le questioni relative all’open source – come ho già avuto occasione di scrivere – l’apposizione del bollino è tecnicamente e giuridicamente inutile oltre che economicamente costosa. Il modello di sviluppo freeware basato sul concetto di “bazaar” (come dice Eric Raymond: release early, release often) implicherebbe pagare il balzello SIAE per ogni versione di kernel e applicazioni messe in distribuzione anche se non definitivamente stabili, oltre che per le patch e i bugfix. Certo, per quanto riguarda “certi” produttori di software proprietario questo potrebbe essere un incentivo a lavorare – una volta per tutte – in modo decente, visto che per ogni service pack dovranno sborsare un bel po’ di talleri. Ma questa è veramente una consolazione molto, molto magra.
Su un altro versante, questa situazione folle provoca danni anche alle compagnie telefoniche e agli ISP che distribuiscono internet kit e assimilati in ordini di grandezza addirittura superiori a quelli delle riviste. L’effetto è sempre lo stesso: maggiori rischi, maggiori costi, aumento dei prezzi per l’utente finale. Ed è qui che casca l’asino, perchè in definitiva I maggiori costi legati al pagamento di questa “decima” digitale (per non usare termini più espliciti) vanno o gravare sulle finanze della clientela, nè più nè meno come una tassa ma senza nemmeno la (magra) consolazione di contribuire al bene comune. Sì, perchè gli introiti del bollino rimangono praticamente “in casa” SIAE, che evidentemente risolverà grazie a questa legge i noti problemi di “copertura” finanziaria che storicamente affliggono questa inutilssima struttura.
Volendo trarre una conclusione, si può dire senza tema di smentita che la nuova legge – non ancora nemmeno partita – già mostra gravissime deficienze pratiche. Oltre che inaccettabili “affermazioni di principio” che danneggiano l’intera comunità.
Vogliamo sul serio consentire a costoro di tutelare in questo modo i propri interessi?
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