di Andrea Monti – Nova IlSole24Ore del 14 maggio 2009
Il 6 maggio 2009 il National Center for Biotechnology Information statunitense ha pubblicato le sequenze genetiche dei virus dell’influenza suina. A stretto giro, le informazioni sono state pubblicate su BioHealthBase e su altri sistemi online per la ricerca di sequenze relative ad agenti patogeni. A partire da queste sequenze di influenza, i ricercatori possono analizzarle e – per esempio – compararle con quelle di altri ceppi influenzali. La rapida e libera disponibilità di queste informazioni è di grande utilità sia per i ricercatori medici, sia per chi deve assumere decisioni politiche ed economiche. Ed è evidente la centralità che riveste, in questo ambito, la convergenza fra ricerca biologica, bioinformatica, tecnologia dei database ed efficienza della rete di accesso. Senza la possibilità di acquisire, elaborare e ridistribuire le (bio)informazioni, infatti, sarebbe stato più lento e difficile – nel caso dell’influenza suina – individuare la natura della minaccia e valutarne la effettiva portata, rischiando di agevolare l’innesco di ondate di isteria collettiva con le conseguenze che è facile immaginare.
Ancora una volta, l’internet e le tecnologie dell’informazione hanno giocato un ruolo fondamentale in questa partita, aiutate proprio da quel principio di neutralità che è sempre più spesso messo in discussione sui tavoli regolamentari e normativi. L’impiego di informazioni basate su standard condivisi e non proprietari consente infatti di massimizzare la loro diffusione e aumentare considerevolmente la quantità di ricercatori che possono dedicarsi alle attività di analisi. Ma il concetto di neutralità riguarda anche le (bio)informazioni in quanto tali. A poco servirebbe una rete aperta e “neutra” se le informazioni critiche destinate alla circolazione sono a disposizione di pochi soggetti, che controllano i diritti di proprietà intellettuale su formati digitali e applicazioni per la loro gestione. Purtroppo anche l’informazione biologica, una volta digitalizzata, ricade nelle logiche sempre più anguste del copyright, dando vita a un vero e proprio paradosso, che consentirebbe di imporre il diritto d’autore sui dati genetici. Una prospettiva sicuramente da evitare.
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