Apple e’ un’azienda privata, non ha alcun “dovere pubblico”, fa le sue scelte in funzione della tutela del proprio valore. Se vuole vendere in Cina deve rispettare le leggi di quel Paese, altrimenti abbandona quel mercato, cosa che evidentemente non voleva fare
di Andrea Monti – Key4Biz.it del 27 febbraio 2018Sta facendo rumore la non-notizia secondo la quale Apple, pur di vendere i propri prodotti in Cina, ha accettato di localizzare nel Celeste Impero i data centre che ospitano i dati degli utenti cinesi e di consegnare le chiavi per accedervi al Governo.
Le reazioni alla notizia hanno stigmatizzato la “doppia morale” dell’azienda di Cupertino che in Occidente si pone come “campione della privacy” e in Oriente come pragmatico operatore “business-oriented” che a Roma fa come i romani o, meglio, a Pechino fa come (il Governo dei) cinesi.
Apple non ha alcun “dovere” di proteggere la privacy – questo spetta alle istituzioni pubbliche ma prima ancora a ciascuno di noi – e se lo fa (quando è possibile) lo fa sulla base di ragionate strategie di marketing e non necessariamente in ossequio a “valori morali”
Dunque, non dovrebbe scandalizzare nessuno il fatto che in nome del “i soldi non puzzano” in Occidente e in Oriente la privacy sia un potente strumento di vendita che funziona sia in un senso (attiro gli utenti promettendo inviolabilità), sia nell’altro (tranquillizzo i governi mostrando che se spingono abbastanza, ottengono quello che vogliono).
Quindi, se proprio dobbiamo cercare un problema da risolvere in relazione a questa notizia, dovremmo orientarci verso la mistificazione del ruolo attribuito alla privacy da aziende private e istituzioni pubbliche, che la considerano ipocritamente una reliquia – ma di plasitca – da esibire e svendere a una platea ignorante per ottenere soldi e potere.
E se guardiamo a cosa sta accadendo su scala europea con la bolla del GDPR, la notizia dell’accordo fra Apple e il Governo cinese non fa poi così notizia…
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