di Andrea Monti – PC Professionale n. 98
Ero preparato alla possibilità che l’articolo pubblicato sul numero precedente suscitasse qualche spunto critico e quindi non sono rimasto stupito dal numero di mail pervenute in redazione e circolate nei newsgroup, che dissentivano – alcune molto civilmente, altre, poche a dire il vero, piuttosto maleducatamente – con le opinioni espresse in materia di tariffa urbana a tempo (TUT).
Le mail arrivate sono state talmente tante da indurci a ritornare sull’argomento con un altro articolo, in modo da cercare di soddisfare – almeno spero – tutti i lettori che si sono interessati alla cosa
Riassumo brevemente i termini della questione.
Da più parti si sostiene che la Tariffa Urbana a Tempo sia “il” freno allo sviluppo della Rete e che quindi abolirla consentirebbe il decollo dell’Internet italiana, oggi strangolata da costi elevatissimi per l’utenza. Commentando queste opinioni nell’articolo pubblicato sul numero di marzo di PC Professionale ho fatto notare come fosse abbastanza miope pensare lo sviluppo dell’Internet in funzione diretta del solo costo della tariffa di collegamento al provider.
A dimostrare che questo non è vero sta il fatto che la telefonia cellulare si è diffusa vertiginosamente anche se gli apparati costavano molto, le tariffe erano elevatissime, il servizio non eccelso (per usare un eufemismo). E in effetti alcuni lettori si sono accorti che la variabile “costo” dell’urbana non può essere l’unica rilevante, ammettendo che la semplice eliminazione della tariffa, se non è accompagnata da paralleli abbattimenti dei costi sulla connettività dedicata, non sarebbe funzionale allo scopo. Ma il nocciolo della questione lo individua quel lettore che si domanda se la “maggior parte degli utenti di Internet non trovi tanto iniquo il pagamento di una tariffa a tempo, quanto il fatto che il destinatario di tale tariffa sia un ente che non ha alcun legame con la qualita’ del servizio stesso”.
In effetti il cardine delle polemiche suscitate dall’articolo sembra essere – come emerge anche da altre e più virulente mail – l’insofferenza diffusa nei confronti dell’attuale monopolista uscente che dal canto suo certo non ha brillato per apertura al dialogo e trasparenza. E credo proprio che l’assenza di lucidità causata dalla foga nell’attaccare le politiche tariffarie vigenti abbia impedito di vedere che l’articolo non diceva “No alla NO TUT” ma affermava “No alle politiche monopolistiche”. Del resto, questa vicenda è destinata ad un epilogo in tempi abbastanza rapidi (si spera) quando l’Autorità per le telecomunicazioni attuerà i nuovi principi normativi secondo cui le tariffe devono essere orientate ai costi, definendo così un modello tariffario adeguato anche alle necessità di sviluppo dell’Internet.
Mi pare invece poco accettabile il ragionamento di chi – pur di eliminare soltanto la TUT – si dichiara disposto ad accettare scadimenti di prestazioni e abbonamenti a tempo o comunque limitati. Se l’obiettivo è quello di favorire tutta l’utenza (senza fare discriminazioni) non mi sembra giusto provocare un decremento della (tuttora scarsa) qualità dei servizi Internet per una questione di principio non supportata da serie ed indipendenti analisi quantitative. In altri termini, se proprio si deve rivendicare qualcosa, lo si faccia per ottenere qualcosa di meglio rispetto a ciò che abbiamo, e non per imitare il gambero che fa un passo avanti e tre indietro.
A scanso di equivoci dunque – e sperando di non dover tornare più sull’argomento – vorrei ribadire che sicuramente sarebbe preferibile che la TUT non ci fosse, ma che questa soluzione da sola non basta. Introdurrebbe infatti squilibri che possono essere evitati solo con manovre coordinate e dirette non solo alla riduzione dei costi ma pure alla crescita della fiducia in nuovi modelli di relazione interattiva.
A margine, però, è abbastanza triste rilevare che il cosiddetto “popolo della Rete” si sveglia solo quando sono in gioco “i soldi”, mentre dorme profondamente quando vengono segnalate leggi pazzesche, aggressioni ai diritti civili, campagne di disinformazione. Del resto, già Machiavelli aveva scritto che gli uomini “sdimenticano” prima la morte del loro padre che la perdita del portafoglio.
Niente di nuovo sotto il sole.
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