di Andrea Monti – Nòva IlSole24Ore
Corte UE chiamata a esprimersi sull’uso
Una prossima decisione della Corte di giustizia Ue deciderà della possibilità di brevettare una sequenza di Dna vegetale a prescindere dall’utilizzo che se ne può fare. Nel caso specifico, scrive l’avvocato generale della Corte nel parere pubblicato lo scorso 9 marzo, il punto è «determinare se l’informazione genetica sia tutelata come composto chimico, anche qualora essa si trovi, come una sorta di residuo, all’interno di un prodotto che è il risultato della trasformazione del prodotto biologico… nel quale la sequenza svolgeva la sua funzione».
MonsantoTechnology Llc ha portato in giudizio gli importatori europei di una farina di soia prodotta in Argentina e resa insensibile a un pesticida della stessa Monsanto (il Roundup) grazie a una sequenza genetica scoperta e utilizzata ancora dalla Monsanto e inserita nel Dna dell’alimento. Non potendo agire direttamente contro i produttori argentini di questa farina per ragioni legate alla normativa locale, Monsanto ha cercato di far valere la propria privativa in modo indiretto, cercando di impedire la commercializzazione del prodotto in Europa sul presupposto che nella farina permangono tracce della sequenza genetica proprietaria. La direttiva sulle invenzioni biotecnologiche – sostiene Monsanto– affianca e non sostituisce il normale regime dei brevetti. Dunque la sequenza di Dna vegetale sarebbe protetta da qualsiasi impiego anche diverso da quello rivendicato con il brevetto. Il che legittimerebbe di impedire la commercializzazione di prodotti che contengono Dna proprietario, anche se questo Dna è un mero residuo di lavorazione.
Ma se la Corte affermasse questo principio, verrebbe compromessa l’efficacia della direttiva Ue sulle invenzioni biotecnologiche. Il problema posto da Monsanto è concreto e reale. In una prospettiva industriale, chi si assicura la scoperta di una sequenza genetica ha l’interesse a conservare il vantaggio competitivo. Viceversa, proprio per evitare la paralisi del mercato e della ricerca, la direttiva sulle invenzioni biotecnologiche dovrebbe essere interpretata nel senso di limitare la validità del brevetto al contenuto della domanda. Così si bilancerebbero la tutela giuridica dell’invenzione e l’interesse del mercato a innovare tramite la ricerca applicata.
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