Se, come scrive Il Fatto Quotidiano, “Rousseau” consente veramente l’esercizio della democrazia diretta è uno strumentto pericoloso e anticostituzionale.
Se consente la manipolazione del voto tramite la formulazione delle domande poste in forma “chiusa”, “suggestiva” o tramite l’arsenale retorico ben noto da secoli per “ipnotizzare” l’uditorio, è peggio ancora.
Se viene usato “a corrente alternata” in funzione dell’opportunità politica del momento, diventa uno strumento finto.
La necessità della democrazia rappresentativa è ben illustrata da uno dei suoi più acerrimi nemici, Edward Bernays, che nel 1928 scriveva nel primo capitolo del suo libro più noto, “Propaganda”:
In teoria, ogni cittadino si pronuncia su questioni pubbliche e questioni di condotta privata.
In pratica, se tutti gli uomini dovessero studiare da soli gli astrusi dati economici, politici ed etici coinvolti in ogni questione, si troverebbero nell’impossibilità di giungere ad una conclusione su qualsiasi cosa.
Abbiamo volontariamente accettato di lasciare che un governo invisibile setacci i dati e analizzi le questioni in sospeso in modo che il nostro campo di scelta sia ridotto a proporzioni pratiche.
Dai nostri leader e dai media che usano per raggiungere il pubblico, accettiamo l’evidenza e la demarcazione delle questioni che riguardano le questioni pubbliche; da qualche insegnante di etica, sia esso un ministro, un saggista preferito o semplicemente un’opinione prevalente, accettiamo un codice di condotta sociale standardizzato al quale ci conformiamo la maggior parte del tempo.
In teoria, tutti acquistano le merci migliori e più economiche che gli vengono offerte sul mercato. In pratica, se ognuno andasse in giro per i prezzi, e testando chimicamente prima dell’acquisto, le decine di saponi o tessuti o marche di pane che sono in vendita, la vita economica si bloccherebbe senza speranza.
Per evitare tale confusione, la società acconsente a che la sua scelta si limiti a idee e oggetti portati alla sua attenzione attraverso la propaganda di ogni tipo. C’è di conseguenza un vasto e continuo sforzo per catturare le nostre menti nell’interesse di qualche idea politica, merce o idea.
Potrebbe essere meglio avere, invece della propaganda e di argomentazioni suggestive, comitati di saggi che scelgono i nostri governanti, dettano la nostra condotta, privata e pubblica, e decidono i migliori tipi di vestiti da indossare e i migliori tipi di cibo da mangiare. Ma abbiamo scelto il metodo opposto, quello della libera concorrenza.
Dobbiamo trovare un modo per far sì che la libera concorrenza funzioni con ragionevole scorrevolezza. Per raggiungere questo obiettivo la società ha acconsentito a permettere che la libera concorrenza sia organizzata dalla leadership e dalla propaganda.
Alcuni dei fenomeni di questo processo sono criticati: la manipolazione delle notizie, l’inflazione della personalità, e i frizzi e lazzi con i quali i politici, i prodotti commerciali e le idee sociali sono portati alla coscienza delle masse.
Gli strumenti con cui l’opinione pubblica è organizzata e focalizzata possono essere utilizzati in modo improprio. Ma tale organizzazione e focalizzazione sono necessarie per una vita ordinata.
Le conclusioni di Bernays, per quanto disturbanti nella loro cruda pragmaticità, sono assolutamente corrette.
Perseguire un disegno di democrazia diretta significa creare chaos e disordine, anche perché la democrazia diretta non è democrazia. Ma soltanto affermazione di quello che nel saggio “Internet e ordine pubblico” definisco überdiritti:
posizioni giuridiche soggettive che perdono la loro natura collettiva per diventare dittatura individuale – sganciati da qualsiasi contrappeso in termini di costo economico e sociale.
*Il nome della sirena Peisinoe è scritto in modo sbagliato. Il carattere finale dovrebbe essere questo ma WordPress non lo supporta.
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