Questa è la traduzione italiana della recensione di Protecting Personal Information pubblicata dalla rivista giuridica tedesca ZD – Zeitschrift für Datenschutz
Andrea Monti/Raymond Wacks, Protecting Personal Information, Oxford (Hart Publishing) 2019, ISBN 978-1-5099-2485-1, € 60,88
Chiunque voglia trattare i concetti di “protezione dei dati” e “privacy” su entrambe le sponde dell’Atlantico sulla base delle fonti dovrebbe leggere l’astuta analisi di Andrea Monti e Raymond Wacks. Monti è professore a contratto presso l’Università di Chieti/Italia e avvocato italiano, Wacks è professore emerito presso l’Università di Hong Kong – un insolito team di autori. Entrambi sono professionisti affermati in questo campo e si occupano dell’argomento da molti anni.
Il diritto comunitario (e quindi anche il diritto tedesco) ha la sua grande miseria con il termine “privacy”, che deriva dal diritto anglo-americano. Il termine non compare nel DS-GVO e nell’articolo 8 cpv. 1 CEDU, ma compare, ad esempio, nella direttiva 2002/58/CE del 12.7.2002: “relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della sfera privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (UE-Bl. L 201 del 31.7.2002, 37)”. Anche la traduzione del termine “privacy” è difficile in Germania. Il termine “protezione della privacy” non è adatto come termine per un diritto di difesa, “privacy” è una parola artificiale, “autodeterminazione informativa” è un termine troppo breve.
Gli autori criticano il concetto convenzionale di privacy. E’ troppo vago, fuorviante per i malintesi e gli abusi e non può essere delimitato giuridicamente. Il concetto di privacy deriva dal famoso saggio del 1890 di Warren e Brandeis (4 Harvard Law Review 193). Da lì, si è esteso come una pianta in molte aree della vita dove non ha avuto luogo dalla concezione originale. L’idea della protezione della privacy è, naturalmente, molto più antica, come dimostra il segreto confessionale della Chiesa cattolica o il dipinto di Millais del 1862 (“Fidati di me”) sotto il titolo del libro, che mostra come un marito richieda alla moglie una lettera che lei trattiene dietro le spalle. Gli autori vogliono riportare il concetto di privacy alle sue radici. Tra le altre cose, propongono di positivizzare una “Legge sulla protezione della privacy” che gli autori presentano in appendice al libro. La discussione in Germania è un po ‘trascurata nel libro, anche se gli autori almeno citano il Hessian Data Protection Act del 1974 come un big bang per la normativizzazione della protezione dei dati.
Una tesi fondamentale degli autori è che il concetto di informazione personale dovrebbe essere al centro della privacy. Gli autori forniscono numerosi esempi per dimostrare che i termini “dati personali” e “privacy” non sono sinonimi. Lo stesso vale, tra l’altro, anche per il termine “protezione dei dati”, che negli Stati Uniti è più associato alla consapevolezza che l’utente blocchi l’accesso al proprio computer dopo il lavoro, ma non alla privacy. Se il legislatore dell’UE abbia fatto molto meglio con il termine “dati personali” di cui all’articolo 4 capoverso 1 dell’ODS-GVO rispetto al sistema giuridico anglo-americano con la sua privacy è una questione aperta. Monti pone la domanda provocatoria se il trattamento dei dati nell’ambito del DS-GVO sia automaticamente un’interferenza con la sfera privata dell’interessato (pag. 111 segg.). Gli autori si chiedono inoltre se la protezione della sfera privata includa il “diritto all’oblio” di cui all’articolo 17 dell’OCVVG. Come altri commentatori, gli autori hanno una visione molto critica di questo diritto: perché il diritto all’oblio del querelante Costeja nella sentenza della Corte di giustizia europea C-131/12 (ZD 2014, 350 m. Karg – Google Spagna), che è fondamentale per questo diritto, più degno di protezione rispetto al diritto di altre persone molto più famose i cui crimini continuano a vivere nella memoria collettiva? Ricorrendo alla storia romana, l’infame complotto di Catilina intorno al 63 a.C., Monti fa apparire il “Grande Cospiratore” Catilina con le parole: “Io sono Lucio Sergio Catilina e, dopo 2000 anni ormai, merito di essere dimenticato” (p. 115). Nel complesso, con tutti i suoi riferimenti storici e le osservazioni di entrambi gli ambienti giuridici (USA/GB rispetto all’Europa continentale), il libro è un contributo di lettura al lungo dibattito incompiuto su ciò che la DS-GVO e le altre leggi dovrebbero proteggere come bene giuridico
Il Dr. Axel Spies è avvocato presso Morgan Lewis & Bockius LLP a Washington DC e co-editor di ZD.
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