Il caso Zeiss è l’occasione per analizzare uno dei luoghi comuni più radicati nel mondo del digital marketing: quello secondo il quale una strategia di comunicazione efficace deve “ascoltare le reazioni del “popolo della rete”.
In teoria, il concetto non è sbagliato: tenere sotto controllo il “sentiment” degli utenti è un modo per capire – e gestire – il gradimento di un prodotto o di un servizio. Nella pratica, tuttavia, questo si traduce nel dover inseguire le reazioni di chiunque urla abbastanza da farsi sentire, anche se non ha mai acquistato – e mai acquisterà – un determinato prodotto. C’è dunque da chiedersi se abbia (ancora) senso investire tempo, risorse e soldi nell’interazione con una massa indifferenziata di soggetti, piuttosto che concentrarsi sulla cura del cliente.Il “caso Zeiss” è un esempio paradigmatico di questa paradossale condizione che vede un’azienda “ostaggio” di perfetti estranei.
In sintesi, per la campagna pubblicitaria di un obiettivo di particolare pregio in una manifestazione di appassionati di fumetti, la Zeiss organizza una sessione fotografica con una modella “trasformata” in Ariel, la Sirenetta, che interagisce con il prodotto. Questo ha provocato reazioni sdegnate da parte di soggetti che hanno lamentato il “sessismo” della campagna pubblicitaria al punto che Zeiss ha dovuto chiedere pubblicamente scusa (ma a chi, poi?) per questa scelta.
Zeiss non è la prima azienda – nè l’ultima – a “doversi scusare” per azioni giudicate “inappropriate” da un coacervo di soggetti non meglio qualificati e che per il semplice fatto di avere un’opinione pretendono di essere ascoltati quando “puntano il dito”.
Ora, senza entrare nel merito della questione specifica, sarebbe ora di cominciare a chiedersi se abbia senso continuare a preoccuparsi delle reazioni sguaiate di questi zeloti digitali che, come ho detto, non acquistano e mai acquisteranno un determinato prodotto. Il dato di fatto è che, come cantava nel 1967 il buon Antoine con ammirabile capacità predittiva (anche se non aveva l’AI)
Tu sei buono e ti tirano le pietre.
Sei cattivo e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai,
sempre pietre in faccia prenderai.
Tradotto: la parità di accesso a piattaforme per la condivisione di contenuti e l’enorme numero di soggetti che le possono utilizzare implica che ci sarà sempre un certo numero di persone che si sentiranno “offese”, “oltraggiate” o “ferite” da qualcosa. Entro certi limiti, dunque, invece di preoccuparsi di questa percentuale potrebbe valere la pena riprendere la lezione di Padre Dante:
Non ragionam di lor, ma guarda e passa.
Possibly Related Posts:
- Chi ci protegge dal dossieraggio tecnologico?
- Webscraping e Dataset AI: se il fine è di interesse pubblico non c’è violazione di copyright
- Perché Apple ha ritirato la causa contro la società israeliana dietro lo spyware Pegasus?
- Le sanzioni UE ad Apple e Google aprono un altro fronte nella guerra contro Big Tech (e incrinano quello interno)
- La rottura tra Stati e big tech non è mai stata così forte